Antenne: esclusa la distanze dai confini

Gli impianti di telecomunicazione - ove siano costituiti dal solo “impianto fuori terra” e non risultino costituiti da “ulteriori opere edilizie che abbiano rilevante valore edilizio-urbanistico essendo quelle già compiute interrate” - non sono soggette all’applicazione della normativa sulle distanze previste per i manufatti edilizi. 


Dopo la pronuncia del Consiglio di Stato del 19/05/2014, n.2521, mediante la quale i giudici di Palazzo Spada chiarivano come le infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, soggette ad una disciplina unitaria del procedimento autorizzatorio, restano, in ogni caso, nuove costruzioni che introducono trasformazione edilizia e urbanistica del territorio e pertanto rimangono soggette al rispetto dei regolamenti edilizi in materia di distanza delle costruzioni, dal confine e da altri fabbricati, il TAR Campania – Napoli, sentenza n.1146 del 03/03/2006, torna sull’argomento introducendo un nuovo elemento.

Secondo l'orientamento dei giudici del TAR di Napoli, in base all’art. 86, comm. 3, del d. lgs. n. 259 del 2003, gli impianti di telecomunicazione, assimilati alle opere di urbanizzazione primaria, ove siano costituiti dal solo “impianto fuori terra” (consistente nella sola antenna o meglio nel solo traliccio) e non risultino costituiti da “ulteriori opere edilizie che abbiano rilevante valore edilizio-urbanistico essendo quelle già compiute interrate” non sono soggette all’applicazione della normativa sulle distanze previste per i comuni manufatti edilizi.

In tal senso non assumerebbero pertanto rilevanza ai fini dell’applicazione della normativa sulle distanze, i meri tralicci (genericamente definiti anche antenne) e le ulteriori opere edilizie, realizzate fuori terra, prive di rilevante valore edilizio-urbanistico.

In tale casistica si presume possano pertanto certamente rientrare gli ingombri fisici non superiori ai 20 litri, di cui al comma 4 bis dell’art. 35 del D.L. n.98/2011, convertito con Legge n.111/2011, oltre ai più generici ingombri costituiti da semplici armadi appoggiati a terra e destinati ad alloggiare gli apparati.

La sentenza in commento, richiama a sostegno pure una precedente pronuncia dello stesso TAR Campania (NA), Sez. VII, n. 2461, del 13 maggio 2013 secondo la quale “ai Comuni non spetta disciplinare, nei loro regolamenti, l'installazione degli impianti di telefonia mobile con limitazioni o divieti generalizzati e tali da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del servizio pubblico relativo, e ciò specificamente quando tale potere sia palesemente rivolto a tutelare aspetti collegati con la salute umana, dal momento che siffatte esigenze sono valutate dagli organi statali a ciò deputati; mentre al Comune è consentito solo (ai sensi dell’art. 8 co. 6 L. 35/2001) regolamentare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti” e, dettare prescrizioni volte a minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici: ma, diversamente, con la prescrizione regolamentare in esame risulta posto un divieto generalizzato di installazione delle strutture di telefonia mobile, nonostante la loro compatibilità con tutte le zone omogenee comunali, stante la loro assimilazione, ai sensi dell’art. 86 D.Lgvo 259/2003, alle opere di urbanizzazione primaria, "che, in assenza di una chiara e diversa ragione giustificativa, risulta palesemente volto alla tutela della salute umana”.

Secondo tale orientamento ne deriva che l’assimilazione normativa degli impianti di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, statuita dall’art. 86 comma 3 del D.Lgs. n. 259/2003 rende, oltre a renderli compatibile con qualunque destinazione di zona li assoggetta alle sole prescrizione di cui all’art. 87 del medesimo decreto legislativo e non anche alle previsioni generali di cui all’art. 3 D.P.R. 380/2001.

La sentenza del TAR, Campania-Napoli, n° 1146 del 03/03/2016 è disponibile a questo indirizzo.
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