Permesso di costruire: il confinante del confinante non è di per sé legittimato all’impugnazione

Con sentenza n. 3543 del 14 maggio 2013, depositata l’1 luglio 2013 la sezione quarta del Consiglio di Stato, afferma che il confinante con un fondo a sua volta confinante con quello oggetto di intervento edilizio non vanta lo stabile collegamento materiale con la zona coinvolta dall’intervento, requisito necessario per legittimare l’impugnazione del titolo.


I ricorrenti impugnano il permesso di costruire in sanatoria rilasciato per la costruzione di un’abitazione su un’area a confine con quella di cui sono proprietari, lamentandone l’illegittimità sotto vari profili. Il ricorso viene parzialmente accolto dal TAR Marche con sentenza n. 1895/2007.

La sentenza di primo grado viene appellata. Tra i mezzi  viene dedotta la violazione della normativa tecnica d’attuazione relativa alle distanze tra edifici, con riferimento alla distanza tra l’edificio oggetto del permesso impugnato e altro edificio non di proprietà dei ricorrenti, bensì di un loro vicino. 

Il Consiglio di Stato respinge tale motivo d’appello, ravvisando una carenza di legittimazione all’impugnazione. Per l’impugnazione di permesso di costruire, argomenta il Collegio, è necessaria e sufficiente, come posizione legittimante il ricorrente, la vicinitas, definita come “la dimostrazione di uno stabile collegamento materiale con la zona coinvolta da un intervento edilizio in capo al proprietario confinante”, ossia la possibilità di risentire degli effetti sfavorevoli derivanti dall’asserita illegittimità dell’intervento. Questa definizione di vicinitas, slegata da criteri di mera vicinanza geografica tra fondi, è quindi potenzialmente idonea a fondare la legittimazione processuale anche in capo a soggetti diversi dal confinante, purché dimostrino lo stabile collegamento materiale col terreno oggetto di causa.

Tuttavia tale posizione legittimante non è ravvisabile, ad avviso del Consiglio di Stato, in capo al proprietario di edificio confinante con edificio a sua volta confinante con quello oggetto dell’intervento edilizio di cui è causa.

Il motivo d’appello è di conseguenza inammissibile: se così non fosse, il “confinante del confinante” sarebbe - afferma la Sezione - legittimato a far valere in giudizio un diritto non suo, in palese contrasto con il disposto dell’art. 81 c.p.c., che ammette la sostituzione processuale (ossia la possibilità di far valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui) solo nei casi espressamente previsti dalla legge.

La sentenza 1 luglio 2013, n. 3543, della sezione quarta del Consiglio di Stato è disponibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo.

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