Abusi edilizi: non basta la segnalazione orale per attivare il silenzio dell'A.C.

Con sentenza n. 1075 del 12 aprile 2012, il T.A.R. Lombardia ha statuito che per reprimere un abuso edilizio, derivante da una D.I.A. o da una S.C.I.A., non è sufficiente una semplice segnalazione orale alla P.A. competente. E' invece necessario depositare una formale denuncia, munita degli elementi minimi (forma scritta, indicazione della lamentata illegittimità dell’intervento edilizio, richiesta di esercizio del potere/dovere di verifica e di eventuale repressione). In difetto, il silenzio dell'A.C. non è censurabile ai sensi dell'art. 31 c.p.a..


Il caso prende spunto da una segnalazione di abuso edilizio, per il mancato rispetto di una D.I.A. o di una S.C.I.A., avvenuta a mezzo posta elettronica, oltre che da una segnalazione telefonica. Secondo il T.A.R. della Lombardia, la P.A. non sarebbe stata adeguatamente sollecitata ad intervenire; il tutto in considerazione del fatto che per censurare le attività legittimate mezzo D.I.A. o S.C.I.A. il terzo, che si ritiene leso, doveva formalizzare una,  seria,  denuncia dotata dei necessari requisiti che la rendano idonea a porre in capo alla medesima P.A. l’obbligo di intervenire, esercitando in tal modo i propri poteri di verifica; nonchè in caso di inerzia della stessa P.A.,  a configurare un vero e proprio silenzio inadempimento che abbia un rilievo giuridico censurabile.

In tal senso il Collegio si è, pertanto, preoccupato di indicare quali siano i requisiti necessari, che la denuncia di abuso presentata del terzo deve contenere.
Fra questi requisiti deve senza dubbio annoverarsi la forma scritta, con l’indicazione – seppure di massima – della lamentata illegittimità dell’intervento edilizio e con la richiesta di esercizio del potere/dovere di verifica e di eventuale repressione. In altri termini, la sollecitazione all’esercizio del potere di cui è causa non può confondersi con la generica denuncia di eventuali abusi edilizi, che può ovviamente essere effettuata da qualsivoglia cittadino anche in forma orale, ma che non appare però idonea a fondare il silenzio dell’Amministrazione di cui all’art. 31 del D.Lgs. 104/2010.
Si ricava che questa procedura così formale è relativa ed applicabile solo a quei lavori realizzabili tramite una D.I.A. o una S.C.I.A., non trovando il medesimo formele regime applicazione per gli abusi edilizi più gravi, per i quali il terzo può limitarsi a fare una denuncia orale alla P.A. che, a quel punta, avrà l'obbligo di intervenire. Le differenze tra i due tipi di abusi e relative procedure dipendono dal fatto che solo nel caso di lavori soggetti a permesso di costruire il legislatore ha previsto un procedimento amministrativo che termina con un atto di inizio dei lavori. La stessa cosa non accade, invece, nei casi in cui il privato è libero di iniziare l'attività una volta adempiute le dovute segnalazioni alla P.A. che potrà successivamente procedere con i necessari controlli.  In relazione al silenzio della P.A., nel caso in specie, il T.A.R. precisa che se non c'è un procedimento, non ci può essere un silenzio giuridicamente rilevante della P.A. che, a quel punto, è legittimata a rimanere inerte non incombendo alcun obbligo di attivarsi.

La sentenza n. 1075 del 12 aprile 2012 del T.A.R. Lombardia è reperibile al seguente indirizzo: http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Milano/Sezione%202/2012/201200073/Provvedimenti/201201075_01.XML
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