Decorso del tempo nell'annullamento del titolo edilizio: la questione all'Adunanza Plenaria.

Con ordinanza n. 1830 del 19 aprile 2017 la sezione quarta del Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza Plenaria la decisione questione relativa all'interrogativo se l’annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo intervenuto a considerevole distanza di tempo dal provvedimento annullato debba o meno essere motivato a prescindere dal fatto che il comportamento dei privati possa aver determinato o reso possibile il provvedimento illegittimo.


La questione sottoposta all'esame del Consiglio di Stato ha per oggetto il provvedimento di autotutela assunta dall'Amministrazione comunale nei confronti di una concessione edilizia in sanatoria rilasciata sulla scorta di una errata prospettazione dello stato dei luoghi da parte dei proprietari, con conseguente situazione di illegittimità permanente, rispetto alla quale l’interesse pubblico attuale al ripristino della legalità violata risultava in re ipsa.

La sentenza appellata affermava:

  • che l’affidamento riposto dai privati nella legittimità della concessione in sanatoria, invocato nel ricorso, non è degno di tutela in mancanza di buona fede, atteso che la situazione di illegalità è stata creata dai ricorrenti; 
  • che pertanto, l’amministrazione non aveva l’obbligo di verificare se l’interesse al ripristino della legalità violata fosse o meno prevalente sul contrapposto interesse dei privati; né il potere dell’amministrazione di annullamento dell’atto è limitato in ragione del lungo tempo trascorso dal rilascio della concessione illegittima;
  • che il manufatto, in zona di inedificabilità assoluta ai sensi della legge regionale n. 56 del 1980, non avrebbe potuto essere condonato o altrimenti sanato;
  • che nella fattispecie, l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata – che negli abusi è in re ipsa e non richiede una particolare motivazione – è prevalente rispetto all’interesse dei ricorrenti al mantenimento del manufatto abusivo, venendo anche in questione valori ambientali d’importanza prevalente secondo il legislatore regionale.

L’appello invoca la violazione dell’art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990, introdotto dalla legge n. 15 del 2005, affermando che sulla base di tale disposizione (che individua in 18 mesi il termine ragionevole per l’esercizio dell’autotutela) è richiesto all’amministrazione di valutare in concreto la sussistenza di un interesse pubblico alla eliminazione di un provvedimento illegittimo, diverso dal semplice ristabilimento della legalità violata, anche comparandolo con l’interesse dei destinatari e controinteressati, e, comunque, entro un termine ragionevole, in ragione delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche originate dal provvedimento annullabile in via di autotutela e dell’affidamento sulle stesse riposto dagli interessati, ingenerato dal trascorrere di un apprezzabile lasso temporale.

Preso atto che nella giurisprudenza del Consiglio di Stato appaiono individuabili due contrapposti orientamenti:

  • uno secondo cui secondo cui l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio di un titolo edilizio deve rispondere ai requisiti di legittimità codificati nell’articolo 21-nonies cit., consistenti nell'illegittimità originaria del titolo e nell’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità, comparato con i contrapposti interessi dei privati. Con l’ulteriore canone del termine ragionevole per il legittimo esercizio del potere di autotutela (poi fissato in 18 mesi);
  • l'altro, maggioritario, secondo cui il provvedimento di annullamento di concessione edilizia illegittima è da ritenersi in re ipsa correlato alla necessità di curare l’interesse pubblico concreto ed attuale al ripristino della legalità violata, atteso che il rilascio del titolo edilizio comporta la sussistenza di una permanente situazione contra legem e di conseguenza ingenera nell’amministrazione il potere-dovere di annullare in ogni tempo la concessione illegittimamente assentita;
e che, pertanto, appare emergere un contrasto tra:

  • un recente orientamento che, sulla base dell’art. 21-nonies, cit., e anche in considerazione delle modifiche dello stesso, ritiene necessaria una valutazione dell’interesse pubblico in concreto in rapporto agli interessi dei destinatari (e dei controinteressati) degli originari provvedimenti, in un tempo ragionevole; con la conseguenza che il lungo decorso del tempo agisce a favore dell’affidamento ingenerato nel privato e incide anche sulla valutazione del pubblico interesse in concreto;
  • un orientamento, che sembra maggioritario, il quale, pur nella vigenza del citato articolo, esclude la necessità della valutazione dell’interesse pubblico in concreto, essendo esso insito nella restaurazione della legalità violata, quantomeno, tutte le volte che la illegittimità sia dipesa dalle prospettazioni non veritiere del privato;

la sezione ha ritenuto opportuno deferire il presente ricorso all'esame dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 99, co. 1, c.p.a., per la decisione della seguente questione:
“Se, nella vigenza dell’art. 21- nonies, come introdotto dalla legge n. 15 del 2005, l’annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo, sub specie di concessione in sanatoria, intervenuta ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, debba o meno essere motivata in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico valutato in concreto in correlazione ai contrapposti interessi dei privati destinatari del provvedimento ampliativo e agli eventuali interessi dei controinteressati, indipendentemente dalla circostanza che il comportamento dei privati possa aver determinato o reso possibile il provvedimento illegittimo, anche in considerazione della valenza – sia pure solo a fini interpretativi – della ulteriore novella apportata al citato articolo, la quale appare richiedere tale valutazione comparativa anche per il provvedimento emesso nel termine di 18 mesi, individuato come ragionevole, e appare consentire un legittimo provvedimento di annullamento successivo solo nel caso di false rappresentazioni accertate con sentenza penale passata in giudicato”.  
Giova ricordare che Ordinanza collegiale n. 1337 del 2017, è stata già sottoposta all’adunanza plenaria la questione
Se l’ordinanza di demolizione di immobile abusivo (nella specie, trasferito mortis causa) debba essere congruamente motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata quando il provvedimento sanzionatorio intervenga a una distanza temporale straordinariamente lunga dalla commissione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi del provvedimento sanzionatorio”.
L'ordinanza 19 aprile 2017 n. 1830 della sezione IV del Consiglio di Stato è disponibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo
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