Autotutela: anche la SCIA può essere annullata

Con sentenza n. 287 depositata il 12 maggio 2016, il TAR Abruzzo, L'Aquila, interviene in materia di SCIA confermando che il decorso del termine di 30 giorni di cui all'art. 19 l. n. 241/1990 non impedisce l'intervento in autotutela dell'amministrazione, a condizione che siano rispettati i presupposti indicati dall'art. 21 nonies della stessa legge.


In relazione ai poteri di autotutela spettanti all’amministrazione il modello originario descritto dall’art. 19 della l. 241 affermava che "se il termine breve vale per la inibizione della prosecuzione dell’attività segnalata in caso di verifica negativa e salva la possibilità di regolarizzazione in ogni tempo, trascorso il termine breve l’amministrazione può comunque teoricamente esercitare i suoi poteri di autotutela" ma unicamente "se vi è un pericolo di danno per il patrimonio artistico, culturale, per l’ambiente, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale, previo motivato accertamento della impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante la conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente" (Michetti, 2014).

Introdotte le modifiche al comma 4 dell'art. 19 dall'art. 6, c. 1, l. n. 124 del 2015 ("4. Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies"), il modello è mutato, allineandosi al paradigma generale descritto dall'art. 21 nonies.

Il TAR Abruzzo afferma così che - essendo il termine per l'esercizio del potere di verifica e del potere inibitorio in caso di s.c.i.a. perentorio - è illegittimo l'operato dell'Amministrazione comunale che, in presenza di una denuncia d'inizio attività (oggi segnalazione certificata di inizio di attività) per la realizzazione di un intervento edilizio, adotta provvedimenti inibitori o sanzionatori dopo che sia decorso il termine previsto per il consolidamento del titolo, senza rispettare i limiti e le condizioni in base ai quali è possibile esercitare i poteri di autotutela ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990 (ex multis, Cons. Stato n. 1493 del 2015).

Tuttavia, mentre il potere d'inibizione (art. 19) da esercitarsi nel temine di legge è espressione del (mero) controllo di legittimità della d.i.a. (o s.c.i.a.), il potere di autotutela (art. 21 nonies) si colloca invece nell'orbita dell'atto di secondo grado, assoggettato ai limiti applicativi della sussistenza di ragioni di interesse pubblico, del termine ragionevole ed infine della ponderazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.

Se è vero, infatti, che l'eventuale contrasto con norme urbanistiche di opere avviate con d.i.a. (o s.c.i.a.) ne determina l'illegittimità, tuttavia il Comune, qualora non abbia inibito tempestivamente la realizzazione delle opere, può provvedere solo in autotutela al ricorrere di tutti gli elementi richiesti dall'art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, alla luce e ferma, oltre all'illegittimità dell'atto, anche la sussistenza dell'interesse pubblico alla sua rimozione.

Interesse che deve trovare adeguata evidenziazione, mediante un'idonea motivazione, che dia conto della ponderazione degli interessi in gioco, inclusi quelli dei destinatari dell'atto e dei controinteressati, anche alla luce del tempo trascorso dall'adozione del provvedimento (Tar Lombardia, Milano, n. 1896 del 2015).

La sentenza 12 maggio 2016 n. 287 del TAR Abruzzo, L'Aquila, è disponibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo.
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