Condono edilizio in regione Lombardia

NOTA: In materia di opere abusive la disciplina statale prescrive la condonabilità delle opere abusive che "non abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al 30 % della volumetria della costruzione originaria, o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc"; la disciplina regionale dispone che sono fatti salvi "gli ampliamenti entro i limiti massimi del 20 per cento della volumetria della costruzione originaria, o, in alternativa, di 500 mc". All'infuori del diverso limite volumetrico, nessun altra differenza sostanziale sembra intercorrere nella
formulazione delle due norme, che risultano ugualmente ambigue. L'inciso "o, in alternativa" si presta a differenti interpretazioni, a seconda che i due limiti si debbano intendere come alternativi o concorrenti. Secondo una prima lettura sarebbe data facoltà di scelta a chi presenta l'istanza di optare per un limite o per l'altro a seconda di ciò che più gli convenga; in base ad una seconda lettura sarebbe invece possibile condonare solo il limite del 20 % (del 30 % per la normativa statale), sempre, però, entro il limite massimo dei 500 mc (750 mc per la normativa statale). Pare interessante sottolineare che mentre la Regione Lombardia sembrerebbe aver
sposato l'interpretazione meno restrittiva, i commentatori dell'attuale condono ^statale^ si dividono tra la tesi restrittiva e quella liberale (per la restrittiva v. G. Rizzi, Testo unico, nuovo condono edilizio e attività negoziale, 2004, p. 57; a cura di G. Saporito, Nella legge statale la trama della sanatoria, in: Guida al condono edilizio Regione per Regione vol. I , inserto a ^Il Sole 24 Ore^ del 23.11.2004, p. 5; per il principio della maggior convenienza per il soggetto istante, per tutti: a cura di M. Carlin, Oggetto e limiti del condono, in AA.VV., Il nuovo condono edilizio, 2004, p. 90). Da un punto di vista di impianto generale, tuttavia, la soluzione del ^favor rei^ omette di ricordare che la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell'art. 32 del d.l. n. 269/2003, con sentenza n. 196 del 2004 aveva dichiarato il carattere "temporaneo ed eccezionale" del terzo condono, mettendolo al riparo dalle censure di ^istituzionalizzazione^ della sanatoria edilizia anche per il fatto che esso era più restrittivo rispetto al precedente. Se passasse la prima interpretazione questo dato verrebbe sconfessato, espondendo così il (terzo)
condono alla censura di incostituzionalità: la parola passa ora alle aule di giustizia.
MATERIALI: http://www.studiospallino.it/doc/21.10.04/l.r.%20130%202004.pdf
[legge Regione Lombardia n. 130/2004]
A CURA DI: dr.ssa Ilena Pisani

Diritto di accesso e appalti pubblici

DECISIONE: Cons. di Stato, sez. V, 15 aprile 2004, n. 2163
MASSIMA: "In materia di appalti di lavori pubblici, ai sensi del combinato disposto dell'art. 24, comma 1 della L. 241/1990 e dell'art. 31-bis della L. 109/1994, devono ritenersi sottratte all'accesso le relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve dell'impresa".
NOTA: con la sentenza in questione il Consiglio di Stato ha affermato il principio secondo il quale devono ritenersi sottratte al diritto d'accesso ai sensi dell'art. 10 D.P.R. 554/1999 ( Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici) le relazioni riservate:
  • del direttore dei lavori;
  • dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve dell'appaltatore.
Il Consiglio di Stato perviene a questa soluzione in virtù della considerazione che l'art. 31-bis della L. 109/1994 definisce espressamente come "riservata" la relazione del direttore dei lavori o del collaudatore allo scopo di "impedire la diffusione delle relazioni al di fuori delle amministrazioni cui sono indirizzate...". Il fatto di aver individuato nell'art. 31-bis la norma di fonte primaria da cui evincere il carattere "riservato" e, dunque, la non accessibilità delle relazioni del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo, consente di ritenere rispettato l'art. 24, comma 2, della L. 241/1990 che, in generale, esclude la sussistenza del diritto d'accesso "nei casi di segreto o di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento". Occorre segnalare che di diverso avviso era stato il giudice di primo grado (Tar Sardegna, 24 giugno 2003, n. 764), ad avviso del quale la disposizione regolamentare contenuta all'art. 10 del D.P.R. 554 del 1999 si porrebbe in palese contrastocon l'art. 24 della l. 241/1990 ma più in generale con il principio di trasparenza in essa consacrato, tanto da consentire all'appaltatore ad accedere alle relazioni riservate del collaudatore, in disapplicazione dell'art. 10 del D.P.R. 554/1999. La decisione del Consiglio di Stato:
  • prosegue nella traiettoria interpretativa tracciata all'indomani dell'emanazione del DPR 554/1999;
  • si inserisce nel solco del dissidio tra i giudici di primo grado e quelli di secondo grado in materia di accesso agli atti, che vede i secondi su posizioni decisamente più restrittive dei primi.
A CURA DI: dr.ssa Emanuela Zanetti
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